ANNO 14 n° 119
Proust in cucina, Natale e il panpepato di mamma Silvana
>>>> di Massimiliano Capo <<<<
15/12/2014 - 00:31

di Massimiliano Capo

VITERBO - S'io fossi il mago di Natale/farei spuntare un albero di Natale/in ogni casa, in ogni appartamento/dalle piastrelle al pavimento,/un vero abete, un pino di montagna,/con un po' di vento vero/impigliato tra i rami,/che mandi profumo di resina/in tutte le camere,/e sui rami i magici frutti:/regali per tutti./Poi con la mia bacchetta me ne andrei/a far magie/per tutte le vie./In via Nazionale/farei crescere un albero di Natale/carico di bambole/d’ogni qualita’,/che chiudono gli occhi/e chiamano papa’.//Chi le vuole, le prende:/gratis, s’intende./La magia è appena cominciata:/dobbiamo/scegliere il posto/all’albero dei trenini:/va bene piazza Mazzini?/quello degli areoplani/lo faccio in via dei Campani./Tutto questo farei se fossi un mago./Pero’ non lo sono/che posso fare?/Non ho che/auguri da regalare:/di auguri ne ho tanti,/scegliete quelli che volete,/prendete tutti quanti.

Ecco, per me il Natale è Gianni Rodari e le sue Filastrocche in cielo e in terra.

Le stesse che mandavo a memoria e poi recitavo la sera della vigilia davanti ai nonni e agli zii prima che cominciasse il cenone.

Perché io adoro il Natale.

L’aria finalmente fredda, il fumo che esce dalla bocca mentre si passeggia, il cappello in testa e gli auguri scambiati di fretta e sorridenti con chi si incontra lungo il cammino.

E poco importa se ancora fa caldo e se l’inverno sembra non arrivare mai. Il Natale è magico anche per questo, ci fa sembrare tutto possibile.

Anche che Giacomino Leopardi a undici anni, si era vicini alle feste e lui si firma La Befana, abbia scritto questa sapida letterina a una amica di famiglia, con le parolacce e tutto il resto come un coatto qualunque. Felice e pieno di vita. Come a scuola non ce lo hanno mai raccontato.

Carissima Signora, Giacché mi trovo in viaggio volevo fare una visita a Voi e a tutti li Signori Ragazzi della Vostra Conversazione, ma la Neve mi ha rotto le Tappe e non mi posso trattenere. Ho pensato dunque di fermarmi un momento per fare la Piscia nel vostro Portone, e poi tirare avanti il mio viaggio. Bensì vi mando certe bagatelle per codesti figlioli, acciochè siano buoni ma ditegli che se sentirò cattive relazioni di loro, quest’altro Anno gli porterò un po’ di Merda. Veramente io voleva destinare a ognuno il suo regalo, per esempio a chi un corno, a chi un altro, ma ho temuto di dimostrare parzialità, e che quello il quale avesse li corni curti invidiasse li corni lunghi.

E via andare e alla fine la firma.

Intorno al Bambino che nasce, si disegnano il mistero e la gioia della vita e, nello sguardo di chi va a visitarlo nella grotta, si apre lo spazio della speranza.

La speranza innanzi tutto di riconoscersi nell’altro da sé come uomini e donne figli dello stesso progetto e quindi eguali pur nella indicibile singolarità di ogni vita.

E’ la forza delle storie, quella di tenerci dentro un orizzonte condiviso. E’ la forza delle parole semplici, dei profumi che sentiamo nostri, dei momenti in cui ci preoccupiamo degli altri facendocene carico.

E’ l’I Care di Don Milani, è la religione aperta di Aldo Capitini che racconta dell’armonia col creato e della potenza della condivisione, è il concretissimo incrociarsi degli sguardi di Levinas.

Insomma, è l’energia di un sorriso, di un bacio, di un abbraccio, di una stretta di mano.

L’energia che si fa carico di rendere più leggera la solitudine che tutti abbiamo conosciuto e conosciamo nel corso della vita.

Scriveva John Cheever nei suoi diari che le uniche certezze che aveva erano l’importanza dell’amore, l’odore di fritto e la musica della pioggia.

E ancora: la cosa più meravigliosa della vita sembra essere che alla fine usiamo solo una parte infinitesimale del nostro potenziale autodistruttivo. Magari la desideriamo, magari è ciò che sogniamo, ma basta un raggio di luce, un cambio del vento a dissuaderci.

Lui che ha passato la vita a cercare di farsi riconoscere, dalla moglie, dai figli, dagli amici, dai lettori e che ha sofferto per tutta la vita per non esserlo stato.

Ecco, il Natale è proprio questa cosa qui: la possibilità di riconoscere e riconoscersi con chi ci vuole bene e con coloro a cui vogliamo bene.

Di condividere un raggio di luce e un refolo di vento. Di stringersi per sentire meno freddo e di guardarsi per assaporare il piacere del calore.

Cominciamo da loro. Cominciamo da tutti quelli a cui vogliamo bene.

Diffondiamolo, regaliamolo.

E facciamolo anche a tavola, quando ringraziamo per il cibo che condivideremo, come io sto ringraziando ora mamma Silvana per il suo Panpepato.

Ingredienti: 

50 gr di mandorle pelate

50 gr di nocciole pulite

50 gr di noci pulite

90 gr di cioccolato fondente

50 gr di uvetta

70/80 gr di farina (anche 90/100 gr se vedete impasto troppo liquido)

100 ml di miele

2 cucchiai di vino rosso (se non ce lo avete 2 di acqua)

pizzico di cannella

pizzico di noce moscata

pepe nero in grani

Tritiamo la frutta secca lasciandola però in pezzi grandi

Tritiamo il cioccolato

Uniamo frutta secca e cioccolato in una ciotola

Aggiungiamo l’uvetta messa prima un poco a mollo in acqua e quindi strizzata

In un tegame mettiamo a bollire il miele con i due cucchiai di vino rosso o acqua

Versiamo il liquido nella ciotola dove sono gli altri ingredienti

Iniziamo a girare con un cucchiaio di legno in modo da sciogliere per bene il cioccolato

Aggiungiamo la noce moscata, la cannella e il pepe macinato

Incorporiamo la farina setacciata e continuiamo a girare fino a far rassodare l’impasto

Con le mani umide ricaviamo dall’impasto due pagnottelle

Mettiamole a cuocere in una teglia con carta da forno a 180° forno preriscaldato per 25 minuti circa.

 





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